“Eriu” di L. Lercari – Prima Parte [Racconti dell’Alba]

Racconti dell’Alba

Il pub era insolitamente deserto per quell’ora e per quella stagione. Dublino offriva la migliore birra stout che si potesse desiderare e qualsiasi cittadino, campagnolo o turista, durante le piovose serate invernali amava scaldarsi lo stomaco e il cuore con una buona pinta di scura o con un bicchierino, magari più d’uno, del forte whiskey locale.

O’ Mallory non riusciva a spiegarsi il motivo della scarsa affluenza di clienti, quella sera. Durante la giornata il buon Dio aveva aperto le cateratte del cielo e una costante, battente, forse noiosa, pioggia aveva accompagnato i dublinesi nel loro peregrinare da una via all’altra. Chi non sentiva il desiderio, adesso, di rinfrancarsi nel suo accogliente, caldo, materno pub? “La Strega che ride” gli aveva sempre garantito un’ottima rendita, tutti amavano la cordialità degli O’Mallory che, da generazioni, avevano gestito il locale.

Senza clienti il salone non appariva fumoso come, a quell’ora, avrebbe dovuto essere. Ancora nitidamente poteva rimirarsi nel grande specchio posto all’estremità opposta dello stanzone. Tavolini, panchetti, seggiole e poltrone angolari apparivano desolate senza i soliti rumorosi avventori.

Solamente un paio di clienti mai visti prima – la memoria visiva di Jack O’Mallory era famosa in tutto il quartiere – rimanevano in disparte in un angolo leggermente appartato. Poteva notare quanto tentassero di non far udire i loro discorsi, ma è più facile passare inosservati quando si è circondati da una folla vociante, piuttosto che in un pub deserto.

La donna aveva ordinato un bicchierino di sherry, mentre il suo accompagnatore si era concesso una delle birre più forti che potessero servirgli.

Aveva immediatamente notato l’avvenenza di lei in confronto, del resto, con la grossolanità dell’altro.

Rosse ne aveva viste a centinaia nel cuore della vita serale di Dublino, ma mai nessuna con quell’insolita tonalità. I lunghi capelli formavano incredibili boccoli talmente vividi e corposi d’apparire quasi “vivi”. In contrasto la pelle bianchissima risaltava come madreperla e il viso cereo, affilato, sottile, concedeva alla vista due labbra piccole, perfette, d’un rosso scuro e intenso e un paio d’occhi talmente viola da essere insostenibili allo sguardo. Stranamente le sue guance non erano costellate dalle classiche efelidi delle ragazze locali. Indossava un ampio e lungo vestito dalla foggia indefinibile: se avesse dovuto giudicarlo avrebbe affermato che era un costume medioevale tessuto con lana e lino. Uno scialle pesante completava il suo abbigliamento.

L’uomo era alto, magro sino a raggiungere l’aspetto d’uno spettro. Nonostante il freddo pungente era vestito d’un semplice paio di calzoni di cotone neri e un maglione dolcevita in tinta. Attraverso la stoffa sottile si potevano intravedere le scarne gambe dai muscoli tesi e scattanti e la vita stretta. Era biondo, anzi, no, a guardarlo bene il colore era indefinibile: molto chiari, quasi da farlo sembrare un albino, ma dai riflessi dorati. Inoltre non aveva gli occhi rossi, ma d’un azzurro intenso, glaciale. Le labbra sottili, scarne, gli conferivano un’aria terribilmente seria. Notò che calzava stivaletti di pelle tipo i classici “anfibi” che aveva visto mille volte ai giovani che frequentavano il locale.

Incredibilmente si rese conto che era impossibile scorgere i piedini della giovane. La larga gonna vivacemente colorata toccava il pavimento e lei, entrando, lo ricordava perfettamente, camminava con tale grazia e scioltezza che si sarebbe potuto affermare che fluttuasse. Si chiese se non avesse un paio di pattini a rotelle sotto la sottana.

Sarebbe rimasto tutta la sera a osservare incantato, rapito, la visione di beltà e serenità che concedeva quella splendida creatura, ma era terribilmente preoccupato per la mancanza di avventori: nonostante i buoni guadagni la sua non era certo una famiglia ricca.

Il piccolo Jimmy aveva bisogno di cure continue e costose a causa della malattia che, lentamente, se lo stava mangiando vivo. A nulla erano servite, sino a ora, le preghiere e i ceri accesi in chiesa: aveva l’AIDS e il buon Dio stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di portare nei Suoi Cieli Infiniti l’anima del tenero bambino. Avrebbe maledetto mille e mille volte il demone che aveva lasciato quella siringa fetida e mortale nel parco giochi ove i bambini erano soliti trascorrere qualche ora di spensierati divertimenti: bastò una caduta per rendere il corpicino di Jimmy fragile preda di ogni male della Terra.

Sharon e Rabby dovevano ancora finire il liceo e Paddy non riusciva a trovare lavoro nonostante la sua laurea in ingegneria. Il pub non poteva offrire occupazione a tutti i suoi figli: già Sally e MaryAnne vi facevano le cameriere e le cuoche mentre John, il maggiore, si occupava dei lavori pesanti e la dolce Molly, insieme a lui, stava al bancone. La notte tutti insieme sbrigavano velocemente le pulizie e salivano ai piani superiori dove era situata la loro casa.

Si era reso conto, dopo la nascita di Rabby, che avevano troppi figli, ma Lana non aveva voluto rinunciare a nessuno di loro: era molto religiosa e non ammetteva che qualcuno o qualcosa di estraneo potesse interferire coi suoi naturali cicli fertili.

Adesso Jimmy stava per essere ucciso da un male sconosciuto e Lana era sotto qualche metro di terra: nonostante la buona fibra irlandese non era riuscita a superare l’ottavo parto.

Distolse la mente da quei funesti pensieri. Si era reso conto che i due avevano consumato da diverso tempo le loro ordinazioni: forse avrebbero voluto qualcos’altro.

Suggerì a Sally di andare a chiedergli se desiderassero qualche altra bevanda. Si raccomandò di essere molto cortese visto che erano gli unici clienti, ma sapeva che non c’era affatto bisogno di dirglielo: la bionda ragazzotta era l’immagine personificata della gentilezza.

Tornò immediatamente con la richiesta di un paio di bicchierini di whiskey. Dopo averli serviti al tavolo chiese al padre se poteva salire a prendere un pesante maglione: sentiva un freddo insolitamente pungente e voleva coprirsi meglio.

Che fosse malata? Il locale era ben riscaldato e Molly se ne stava tutta assorta a leggere una rivista con le maniche ben arrotolate sin sopra i gomiti. Probabilmente aveva un paio di linee di febbre e non se ne era resa conto. Le suggerì di andarsi a riposare; se fossero arrivati molti clienti l’avrebbe mandata a chiamare.

Dopo qualche minuto entrò un avventore già ben ubriaco. L’imponente orologio in stile vittoriano segnava le 22.45 e due terzi della Dublino che si rispetti , a quell’ora, era già completamente preda dei fumi dell’alcool. Purtroppo il probabile cliente non ordinò nulla: diede uno sguardo in giro, fissò per un istante appena gli unici clienti, si sfregò le rosse manone arrossate, batté fortemente i denti, si strinse come in preda ad un gelo intenso ed uscì repentinamente dal locale.

MaryAnne e Molly notarono lo strano comportamento e, come in preda ad una sorta di suggestione, lo imitarono. Dissero al padre che, probabilmente, l’impianto di riscaldamento non funzionava a dovere, ù improvvisamente stavano provando una sensazione spiacevole di gelo.

Come mai lui si sentiva perfettamente a suo agio? Tornò ad osservare i due avventori e si accorse che i loro bicchieri erano leggermente appannati, brinati. D’impulso osservò il boccale di birra e il bicchierino di sherry (Molly non li aveva ancora lavati) che avevano precedentemente sorbito: anche loro erano vagamente opachi. Li toccò e si accorse che erano gelidi.

Impose alle figlie di andare a prendere qualche indumento pesante e disse a John di scendere nello scantinato a dare un’occhiata alla caldaia: sarebbe rimasto lui a controllare il locale.

Quando tutti se ne furono andati si diresse verso i clienti e chiese loro se non sentissero freddo.

L’uomo gli lanciò un’occhiata incredibilmente seccata, come se quel tipo di stupide domande lo infastidissero oltre misura. Lei lo guardò con pietà infinita e gli sorrise. D’un tratto le piccole fragole che costituivano le sue labbra si schiusero e una musica celestiale si profuse nell’aria.

– No, amico mio, non sentiamo il gelo di cui parli.

Rimase, per un breve momento, leggermente confuso, stordito dalla sua voce angelica, melodica, poi cercò di riprendersi: era un anziano irlandese avvezzo a ben altri sconvolgimenti, non poteva farsi certo intimidire da un bel faccino e da una voce profonda.

– Anch’io mi sento perfettamente bene, ma i miei figli dicono che qui fa un gran freddo… Non fate alcun

complimento… Se non vi sentite a vostro agio basta che lo diciate… Stiamo già provvedendo a…

Non finì la frase. L’uomo si alzò di scatto e fece udire la sua terribile voce tuonante. Come se gli Inferi si fossero spalancati e migliaia di dannati stessero urlando frementi, l’oscuro, tenebroso timbro gli martellò i timpani.

– Non abbiamo bisogno di te, vattene!

I modi di quell’essere erano talmente sfacciatamente sgarbati che non riuscì a ribattere alcunchè e se ne tornò al bancone.

Sbigottito, allibito, si chiese come fosse stato possibile che non avesse notato prima le loro strane voci, ma si rese conto che era stata solo lei ad ordinare le bevande e che aveva utilizzato un timbro del tutto differente. Aveva usato, precedentemente, una voce umana.

I pensieri che gli attraversavano la mente erano del tutto assurdi: anche quelle che aveva sentito adesso erano voci umane, anche se un poco distorte… Oppure no?

Il tempo stava trascorrendo lentamente, o era una sua impressione? ù i suoi figli ci stavano impiegando tanto a tornare? Avrebbe voluto andare a controllare quello che stavano facendo, ma non poteva lasciare il locale incustodito. Si morse il labbro inferiore: desiderava posare un delicato bacio sulla fronte del piccolo Jimmy, ma non poteva salire in casa sino a che era solo.

Improvvisamente la giovane donna si alzò e si diresse verso il bancone. Con estrema leggiadria si sedette su uno sgabello e gli chiese un bicchiere d’acqua. Mentre glielo versava si sporse ad osservare lo specchio dietro di lei sperando che riflettesse l’immagine dei suoi piedini ora che l’intera persona era sollevata da terra grazie alla lunga gamba dello sgabello, ma, con estremo stupore, si accorse che la gonnellona continuava assurdamente a coprirle completamente l’estremità degli arti inferiori.

– Jimmy sta morendo.

Il boccale che stava asciugando con uno strofinaccio gli cadde di mano e si infranse rumorosamente a terra in decine di taglienti, luccicanti, pezzetti.

– C… Come conosce mio figlio?

Velocemente sforzò la mente tentando di ricordare il volto stupendo della giovane. Nessuna risposta positiva gli giunse a confortarlo: era una perfetta sconosciuta, non poteva sapere nulla della sua famiglia. L’orrore lo colse all’improvviso. Osservò il bicchiere che le aveva dato e nel quale, in quel momento, non c’era più neppure una goccia d’acqua liquida, ma un’accozzaglia di scaglie ghiacciate.

– Il freddo proviene da voi!!! In nome del buon Dio, cosa mai siete?

– Il timore che provi è del tutto ingiustificato. Sei credente, sei una brava persona, ù pensi che i

demoni vogliano attaccarti? Possibile che voi tutti abbiate dimenticato gli insegnamenti degli antichi? Oh, aveva ragione Morgana quando affermava che i preti ci avrebbero ucciso in modo più efficace che con le spade! La memoria dell’uomo e davvero così labile, così fugace.

Le parole che stava proferendo non avevano alcun significato coerente per lui, ma, nonostante ciò, qualcosa di oscuro, di obliato, di sepolto, si stava liberando dal profondo della sua anima.

Qualcosa della donna gli appariva, adesso, meno estraneo. Tentò di focalizzare la sua memoria e si accorse di aver udito molte altre volte la sua voce, ma non riusciva a ricordare dove poteva averla sentita. Scorgeva in lei una sorta di richiamo funesto, un presagio angoscioso.

– Oggi è il 15 febbraio dell’Anno del Signore 2045 e il povero Jimmy sta morendo in un desolato letto. Mi chiedo come possa essere stato possibile che voi irlandesi, così ferventi nel conservare tradizioni, vi siate potuti dimenticare di noi. Comprendo che dev’essere stato difficile poter sfuggire

ai controlli psichici e ai blocchi mentali imposti dal governo e dalla religione di stato, ma dovevate

essere più forti e lottare per ciò che credevate.

Era terribilmente triste, poteva leggerle l’afflizione nei grandi occhi viola. Appariva come una devota moglie tradita nel modo più subdolo, una povera creatura che aveva donato sé stessa per una causa estremamente importante per poi rendersi conto che i suoi capi erano solo dei corrotti, interessati, avidi calcolatori.

Il suo gelido compagno le si avvicinò e le cinse la stretta vita con un braccio, mentre con l’altro cominciò ad accarezzarle delicatamente i capelli.

– Ti avevo detto che era inutile sprecare tempo prezioso con questi stolidi bifolchi.

– Sii paziente, le loro menti sono state barbaramente sconvolte.

– Abbiamo un compito da svolgere, ricordalo.

Lasciò la compagna e si accinse a salire le scale che portavano all’abitazione degli O’Mallory.

L’anziano proprietario del pub tentò disperatamente d’impedirgli di porre in atto i suoi insani propositi avventandosi con tutta la forza della disperazione addosso a quell’oscuro portatore di mistero, ma, con angosciosa sorpresa si rese conto che la ragazza, senza sforzo apparente, lo stava trattenendo per un braccio con una sola mano. Calma, impassibile, lo tenne inchiodato al bancone restando tranquillamente seduta e reggendo perfino il bicchiere pieno di ghiaccio con la mano libera.

– Cosa vorresti fare? Batterti contro il destino? Non ricordi che c’è un libro per oguno di voi? Quello di Jimmy è arrivato alla fine. Lascia che le sue sofferenze abbiano un termine, non lo tenere egoisticamente legato a te solo ù non vuoi provare lo stesso dolore che hai dovuto subire per Lana.

– In nome di tutto ciò che hai di più caro, ti prego, ti supplico, non portate via il mio Jimmy.

– E’ così piccolo, non temere, lo proteggerò sino a che non saremo giunti ove nulla potrà più nuocergli.

Il tetro portatore di morte scese lentamente le scale tenendo delicatamente fra le braccia il gracile corpicino di un bambino che da tanto tempo non poteva più alzarsi dal letto.

Il padre stava ancora tentando di sottrarsi alla stretta della donna. Disperatamente cercò di colpirla con un coltello che aveva dietro al bancone, ma si accorse che dalla ferita non fuoriusciva sangue e che, in pochi istanti, si era perfettamente rimarginata.

Con il braccio libero prese il piccolo e lo accoccolò nel suo grembo accogliente. Lasciò la presa per prendere meglio il bambino, mentre il suo complice in quella notte di delitti teneva lo sguardo fisso sul padre affinché non tentasse gesti sconsiderati.

– Prendi me, piuttosto, ma lascialo vivere.

– Uomo egoista, vorresti abbandonare gli altri tuoi figli? Sharon, Molly, la dolce Sally e lo scapestrato John? Che ne sarà di Paddy, MaryAnne e Rabby? Il loro futuro è ancora incerto, non vuoi guidarli nelle scelte che dovranno affrontare? Sopporta un piccolo dolore per non causarne uno più grave.

– Donna senza cuore! La sofferenza che provo è senza limiti, non parlarmi di sopportazione, tu non sai cosa vuol dire perdere le persone amate! Sei del tutto priva di sentimenti!

Lo sguardo che ricevette in risposta era di una stanchezza infinita. Stringendo il bambino al seno tentò di sorridere debolmente. Avrebbe voluto narrargli dei milioni di anime che aveva dovuto, sin dalla notte dei tempi, prelevare dai corpi morti dei suoi innumerevoli figli.

(fine prima parte)

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