Racconti dell’Alba
Ho sognato una perla. Sola, in mezzo alla strada, tentava di non rotolare su se stessa. Un tombino arrugginito le stava accanto, impassibile, nell’intento di attrarla con la propria indifferenza. Per fortuna la perla era in piano, e solo un colpo di vento avrebbe potuto scagliarla dentro alla fogna.
Girandosi da un lato e poi dall’altro, la povera perla si rese conto che la propria vita era monotona e che si stava annoiando. Veder passare pedoni e automobili non era la sua più grande aspirazione. Avrebbe voluto essere viva su una bella collana, oppure ornamento di una spilla. La sua unica funzione, ora, era di stare ferma. Guardò il tombino e si rese conto che, ogi volta, lo aveva visto solamente come una minaccia. Quel suo modo d’attrarla, immobile, con l’indifferenza più spietata la faceva impazzire.
La povera perla iniziò a sentire di voler sapere cosa ci fosse dentro alla grata di metallo arrugginito. Pian piano, con l’aiuto di un passo maldestro di un bambino e una leggera folata di vento, riuscì a spostarsi fin sopra la grata. L’ultimo colpo arrivò in un giorno di pioggia. Una grande goccia d’acqua la lavò, spigendola con la sua forza bagnata fin dentro alla grata. Non tornò più indietro, e scivolando per la fogna pianse e si disperò. Ma, alla fine, dopo qualche tempo di disperazione, finalmente uscì in mare e capì che il suo posto era quello: piccola perla, ornamento delle onde.
Svegliandomi da quel sogno, ancora avvolta nella coperta calda della notte, sorrisi al buio: volevo essere quella maledetta perla.
di Nicole Olindo