Nebulae.
Una rubrica di Andrea Sciullo
[seconda parte]
Torno a me. Torno in questa stanza. La persiana con le sue grinze lascia inoltrarsi qualche flebile spaghetto di luce. Delle lucciole di pulviscolo giocano e danzano in questo filamento di meraviglia. È un fascio di ballerini, non uno spiegabile scenario scientifico. Si stuzzicano, si divertono, si amano. Non mi sfiora alcun ballo, ma da qualche metro di distanza comincio ad adorare questi valzer accesi. Li adoro così tanto, che di punto in bianco inizio ad odiarli e ad invidiarli. Sono più felici di chi li sta guardando.
Distolgo lo sguardo e torno ad essere immobile nel mio triste me. Adesso, però, qualcosa in me è mutato. Sospiro. Ma sospiro come dovessi scacciare brutti ed ingombranti pensieri. Ho mai veramente saputo ballare io? E non nel senso letterale del termine..
Comincio a credere che riuscire ad accorgersi di quei solari sorrisi danzanti implichi nella natura di chi scorge l’impossibilità stessa di sorridere. Se fosse così, allora significherebbe che io mai sorriderò. È forse così, o mondo?
Mi sono detto di esprimere ogni pensiero delle giornate su questi fogli e così sto facendo. Non credo, però, che sia stata una buona idea. Alla fine cosa può interessarti di un sorriso che non ha facoltà di sorridere? O, ancora, di un sorriso che non esiste e che non può neanche definirsi “sorriso”?
Torno un attimo dentro me stesso. E come se già non ci fossi, subito le insicurezze si prendono gioco di me. Si sommano ai pensieri filosofici incrementando la mia subordinata inettitudine. Mi domando se sia anch’essa una buona idea, il fatto di starti mettendo al corrente perfino dei miei dubbi su me stesso o sulla coerenza apparente che dall’alto della mia considerazione di me, ogni volta credo m’appartenga.
Paradossale! Non credi? Riflessioni che temono la loro natura e che riflettono se essere se stesse convenga o meno alle proprie esistenze..
Starò facendo bene a dirti proprio tutto? Prenderò l’ennesimo pesce in faccia?
Ancora non ho capito il perché di questa vita. Non ha risposto. Non mi ha risposto. Il Nulla, né più né meno! Come posso essere rassicurato dal niente?
‘Non lo so, non lo so..’ Ormai è la risposta a tutto.
Vengo colto, d’un tratto, da un dolore intercostale, proprio all’altezza del capezzolo. È talmente forte che quasi sussulto e mi contorco su me stesso. Ed ecco che la campane della chiesa vicina battono le 16.
La mia attenzione si sposta automaticamente su quell’orologio col quale ho accettato di buon gusto di condividere la stanza. Rammento come la settimana scorsa pensavo fosse una decisione positiva. Pensavo che vedere l’ora mi avrebbe aiutato ad ottimizzare meglio il tempo per tutte le attività casalinghe che sarei andato facendo. Ora me ne pento. Hai mai sentito il tempo?
Ci si sofferma sempre e solo sul guardarlo o sull’urtarlo, sul decifrarlo o sul denigrarlo. Tutti lo sentono, ma nessuno mai si ferma ad ascoltarlo. Tutti terrorizzati! E io non sono da meno. È come esser messi faccia a faccia con la propria mortalità e, nelle ore di stallo in cui credi di poterti concedere una tregua dall’agire o dall’aire inesorabile degli eventi, ecco che ticchetta.
-Sei mortale, devi morire – un’etichetta che ti pulsa come un bersaglio dietro la schiena.
Tic-tac. Tic-tac. Ti sembra di star sbagliando. Hai la ferma convinzione di essere nel torto. Ma non perché sei lì ad oziare, magari negli unici minuti della giornata in cui puoi permettertelo. No, no.
Sei nel torto perché inizi a pensare che nulla sia all’altezza di quel tic-tac. Chi l’ha stabilito che oziare sia stare nullafacente sul letto, invece di riordinare la casa o andare a lavorare? L’Uomo, non certo il tempo.
Al cospetto di un orologio non si può che trasalire, perché non esiste faccenda umana che non sia stata partorita dall’Uomo, e quindi fuori dal concetto di “impiego giusto del tempo” del Tempo stesso. Difficile, lo so.. Ma ti fa trasalire perché questo induce a pensare che comunque ti impegni le giornate, quel modo potrebbe essere quello sbagliato o addirittura quello più lontano dalle tue preannunciate facoltà. In breve, potresti arrivare alla conclusione di star sprecando la tua vita! E non è mai una bella conclusione.
Per quanto mi riguarda, quando mi metto ad ascoltare la lancetta che disegna circonferenze e canta “girotondo, girotondo..” senza mai cadere o avere un attimo d’incertezza, non posso non aver paura che arrivi in fondo e che quel ‘mai’ superbo della giovinezza con cui mi convinco, si tramuti lesto in ‘ora’ e mi porti via con sé. E sappi che non è paura di morire, ma di non aver mai iniziato a vivere all’altezza del tempo concessomi..
Continuo a guardare quell’orologio. Lo guardo e messo di fronte ad un’esistenza non mia, mi sento con la mente quasi di poterlo sfiorare, come tendessi ad un infinito misterioso e mi ritrovassi, all’improvviso, nello sprofondare della cascata di prima.
Mi sono detto che ti avrei messo al corrente d’ogni più imo pensiero. Sarebbe stata una bella iniziativa se non fosse che io i miei pensieri vorrei che implodessero in loro stessi. Doveva essere un buon proposito.
E invece, come sempre perché io sono come sono, non è che una partita ad un gioco d’azzardo con la mia essenza. Si chiude gli occhi e si spera che quel giorno sorrida e danzi come il pulviscolo, perché se non è così è bene farsi il segno della croce e sperare non ti si pari davanti una gola inghiottente.
Ancora a letto, se te lo fossi chiesta. No, non sulla zattera e nemmeno infranto sullo scoglio di un tic-tac.
Sono solo qui. Solo, senza di te.