La morte di Ivan Il’ič

di Valentina Barletta – 

Ma che è stato? Perchè? Non può essere. Non può essere che la vita sia così assurda, così schifosa. E se anche è tanto assurda e schifosa, perchè morire, e morire soffrendo? Chi è questa? Ma è davvero la Morte?

(Lev N. Tolstoj)

UNO DEI MIGLIOR CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA RUSSA…

La morte di Ivan Il’ič, romanzo pubblicato nel 1886, rappresenta per Tolstoj stesso uno dei momenti più particolari della sua esistenza. Le diverse tematiche che emergono in questo romanzo, non sono altro che riflessioni esistenziali dell’ autore stesso, ponderazioni che lo stesso autore si ritrova ad affrontare, durante una sua particolare crisi di fede.

Proprio per questo Ivan Il’ič risulta essere l’ emblema dello stesso Tolstoj: un’allegoria che funge da specchio e che riflette il suo stato d’animo.

Consigliere della Corte d’ Appello, Ivan Il’ič viene ucciso dalla Morte a causa di una malattia all’ Intestino.

All’apice del’eterno sonno, comprende quanto abbia vissuto in modo superficiale la sua esistenza.

Soltanto lui era consapevole di quel malessere…

tutta la gente che gli stava attorno non lo capiva, o ancora meglio, non lo voleva comprendere.

La moglie e la figlia continuavano a vivere in una piena frenesia mondana, accusando Ivan Il’ič della sua poca ilarità facendogliene una colpa.

Soltanto quando lesse la relazione del Medico provò per se stesso una grande pietà. Del resto,quella compassione nei suoi confronti, prese il sopravvento sulle futilità a cui dava valore, comprendendo così la vera importanza di essere al mondo.

Davanti a questa sua cruda e amara realtà, l’idea di Praskov’ja Fedorovna sulla malattia del marito continuava a trasformarsi in un’ accusa sempre più calunniosa, ritenendo che Ivan Il’ič si fosse ammalato per farle un dispetto.

Perchè? Ma poco importa perchè.  É la morte, sì la morte. E

E loro non sanno nulla, non vogliono sapere e non hanno compassione…

(Lev N. Tolstoj)

Ascoltando il dolore della sua malattia, Ivan Il’ič vedeva che stava morendo. In preda ad una continua disperazione, continuava a perdersi in quei suoi vani tentativi che sperava potessero dargli le risposte che cercava.

Solo, in compagnia di se stesso, attendeva che arrivasse il suo servo, l’ unico amico in grado di comprenderlo: Gerasim.

E proprio mentre lo aspettava disteso nel letto, iniziò a piangere incolpando quel destino che lo stesso Dio gli aveva riservato.

Perchè? tutto questo? Perchè mi tormenti così orribilmente?

(Lev N. Tolstoj)

Ed è qui che emerge la forte crisi spirituale di Tolstoj… come lui stesso, anche Ivan Il’ič decise di negare

l’ esistenza del Signore.

Da quando gli subentrò la malattia, la sua vita si alterava in due differenti stati d’ animo: la disperazione, e l’ attesa…. l’ attesa di quel giorno, che sarebbe risultato la fine della sua vita.

Nell’ ultimo tempo di questa sua esistenza, la solitudine non faceva altro che divorarlo, costringendolo a vivere di quei ricordi, che gli facevano comprendere quanto sia stato superficiale nel vivere.

Davanti a quel buio dove lui stesso sbarrava gli occhi, comparve all’ improvviso la cruda e amara verità…

La menzogna.

L’idea che sua moglie e sua figlia si erano fatti di lui era puramente un inganno, dato che Ivan Il’ič non era soltanto malato ma in fin di vita.

Ma dov’era? Dov’era la sua solita paura di morire? Perchè non la trovava?

Ogni libro è una vita in più da vivere.

Eppure, per quanto possa aver letto due volte questa vita, pure io non la trovavo più.

Non c’era più terrore, perchè la morte era sparita.

Ivan Il’ič trasse il fiato e si irrigidì…

E terminato questo romanzo, anche per me la morte non c’era più…

c’ era la luce….

la luce dell’ al di là.

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