Nebulae.
Una rubrica di Andrea Sciullo
Penso che non ci sia abbastanza aria. L’etere si bagna di controversi dissapori, il fiatone del cielo spuma nuvole grigie, irregolari, difformi. Ormai non c’è più nemmeno la parvenza dei primi soli di marzo.
Non doveva essere primavera?
Penso. Mi fermo. Poi continuo a pensare. Si interna nelle mie occhiate al mondo al di là della finestra una mesta consapevolezza. Lugubre come i terricci incolti delle tombe abbandonate. È davvero questo l’Uomo? Si fa spazio un’occasione. Dentro me s’era eretta una speranza. Di nuovo l’imberbe animo del panico ha preso il sopravvento. L’occasione è sfumata e per l’uomo non v’è che un tempo passato a proclamare quella speranza. Ci ha deluso. Mi ha deluso. Si è deluso.
Non doveva essere primavera?
Penso e nell’istante in cui i miei meccanismi mentali ondeggiano nella condensa di un pensiero, m’accorgo che il colore di questo serafino soffitto riflette l’egoismo d’ogni cuore umano.
Ai bocci floreali si sostituiscono sguardi intimoriti, ai tiepidi flutti del vento s’innestano maschere e guanti preventivi, alle serre arcobaleniche dei prati s’aggiungono follia e misfatto.
Non doveva essere primavera?
Poi un lampo. Dell’amore l’incanto d’una promessa. Mentre un fiore cresce nel cemento di un pavimento ospedaliero, il ronfare di angeli con la divisa medica smussa i preoccupati lidi delle sale d’attesa.
Mentre è l’inno che accarezza le anime e le piazze della nazione, alcuni uomini ci ricordano che non serve essere fiori d’una serra per sbocciare in una stagione non nostra.
Ci ripenso. E comprendo che non è perché è Marzo che è primavera.