Il tempo, al tempo del Coronavirus [Riflessioni]

di M. Valeria Manconi

[Riflessioni]
Sono quasi le 18, il sole sta per tramontare. L’appuntamento è sul balcone per cercare di sentirci tutti uniti, anche se lontani. L’aria è frizzante, si sente l’arrivo della primavera. Saremo fuori casa per Pasqua? Forse per l’inizio di Maggio. Osservo l’albero nel mio giardino, un bellissimo albicocco circondato di piccoli fiori bianchi e lilla, sono troppo lontana però per sentirne il profumo.

Nei terrazzi intorno a me si radunano alcune famiglie e non appena la lancetta segna le 18 in punto, la musica esplode per le strade o meglio per i terrazzi, creando un senso di appartenenza in questo momento difficile, ma anche un segno di ringraziamento per chi lavora in prima linea e combatte realmente contro questo virus.
Ci ritroviamo tutti a casa da più di venti giorni. Terminato lo spettacolo, rientriamo e osserviamo pazienti queste quattro mura, cogliendone, come mai prima d’ora, ogni imperfezione . La domanda che ci opprime ogni giorno è: “ Per quanto ancora durerà questa quarantena?”

Nessuna risposta certa e pochi dati positivi. Il tempo, solo lui, potrà porgerci la fine e il ritorno alla vita
frenetica di un tempo.

Le ore si dilatano, la frenesia è solo un ricordo. Si ha più tempo per stare con i figli, con il compagno o con la famiglia e per compiere le mansioni con serenità. Ci possiamo distrarre e prendere ancora più tempo per goderci a pieno questa nuova tranquillità. Le ore scorrono sempre uguali ,ma ora possiamo assaporarne i minuti. Quanti di noi avrebbero voluto fermarsi per cogliere il sorriso del proprio figlio, per assaporare il calore di un abbraccio, per finire in pace una serie in tv, per non pensare a niente. Ci siamo riappropriati di tutto questo nell’arco di qualche giorno. Dopo poco ha iniziato ad insinuarsi in noi un senso di impotenza.
Chiusi dentro casa ci manca la libertà di essere. Ci manca la libertà di stare soli dopo una lunga giornata e di godere fino in fondo il silenzio rubato dai tanti volti, ora non è più un momento, il tempo lo ha trasformato in una lunga e noiosa routine.

Mi manca il profumo del mare, la salsedine delicata e appiccicosa che si poggia sul viso, l’odore forte della posidonia e i gabbiani che stridono sopra la testa. Mi manca l’odore dell’erba appena tagliata nei parchi vicino al posto di lavoro. Mi manca il profumo del caffè all’ingresso di un bar. Mi manca il chiacchiericcio della gente alla posta o in banca. Mi mancano i sorrisi delle persone al supermercato. Mi manca la voglia di rientrare a casa per dedicare un minuto alle mie parole o per suonare il clarinetto. Mi manca la possibilità di essere utile e di essere ogni giorno parte attiva della società.
Speranzosa e fermamente convinta che non appena potrò riaprire la porta, unica barriera tra me e il
mondo, riuscirò ad apprezzare di più le piccole cose all’esterno, come lo è stato per quelle all’interno. Il mio essere sarà inondato di alcuni piaceri fugaci rimasti fuori. Questo piacere sarà effimero non appena la mia vita sarà catapultata nella frenesia di questo mondo moderno.
“ La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso
l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia.” ( Cit. Schopenhauer)

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