“Inferno” e l’attualità: la Paura del contagio

di Erica Brusco

Inferno è stato il sesto bestseller di Dan Brown uscito a maggio 2013, in cui l’autore ci ha portati nuovamente in un thriller sospeso tra il bene e il male, e questa volta in una maniera davvero inquietante.

E trattarlo oggi, a distanza di qualche anno, è sembrato adeguato proprio per il periodo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo: sembra un déjà-vu che riflette la nostra attualità.

Robert Langdon, noto studioso e professore di simbologia che si risveglia in un letto dell’ospedale di Firenze, senza ricordare come e perché ci è arrivato e che si trova a correre tra i labirinti delle strade, i corridoi dei palazzi e passaggi segreti per salvarsi la vita. Invaso da mostruose apparizioni che gli ricordano il flagello della Morte nera che colpì l’Europa medievale, il professore americano cercherà di capire perché i suoi inseguitori sono intenzionati a non mollare e, aiutato dalla dottoressa Sienna Brooks, bella e misteriosa, a decifrare i versi criptici connessi alla prima Cantica del Sommo Poeta.

Niente però è come sembra e l’ambiguità pervade un’organizzazione chiamata Consortium, un movimento chiamato Transumanesimo e uno scienziato di nome Bertrand Zobrist, i cui progetti non sono solo utopici, ma soprattutto aberranti e spaventosi.

Un po’ delusa dal precedente libro “Il simbolo perduto”, dove, a mio avviso, lo scrittore stava cadendo nella monotonia, mi sono tuffata in questo thriller, colpita dall’immagine di Dante Alighieri in copertina e dall’ambientazione italiana. E questa volta il motore mobile è proprio l’essere riuscito, da parte dell’autore, di incollare il lettore creando il fascino del male.

La cosa che sicuramente mi ha più colpito è la nuova immagine di Robert Langdon: nella nuova storia lo studioso non è più sicuro di sé, bensì è un uomo fragile, vulnerabile, stordito, che cerca di ritrovare se stesso. Ed è sicuramente una scelta di grande effetto, perché il lettore riesce ad essere al fianco del protagonista, nella sua fuga.

La narrazione di Dan Brown è sicuramente ineccepibile e con maestria, egli riesce a mescolare enigmi, informazioni religiose e scientifiche, ma anche descrivere in maniera dettagliata le opere d’arte.

Lo scrittore infatti diventa una vera e propria guida turistica di Firenze, chiave di lettura del romanzo, ma anche di città come Venezia e Instabul.

Mescolando ipotesi e realtà e dopo un susseguirsi di colpi di scena, si arriva ad un finale molto riflessivo per il monito che l’autore lancia. Robert Langdon, infatti, comprende quanto si è impotenti di fronte all’inesorabile,

ci si rende conto che in realtà non siamo niente e l’inerzia nel rimanere comunque fermi, fa di noi tutti dei peccatori e l’indifferenza non lascia altro che la soluzione dello sterminio. Sì, perché solamente se si accetta di lottare di fronte alle grandi sfide, si può “riveder le stelle” anche in un cielo coperto.  A questo proposito cito una farse molto calzante per il periodo di Covid-19 :

Esiste un’unica forma di contagio che si trasmette più rapidamente di un virus.
Ed è la paura.

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